Pulizia terreni capre Cashmere

Gestione del gregge di Capre Cashmere ed utilizzo del foraggio

 

Molte decisioni gestionali che gli allevatori di capre cashmere prendono connesse al foraggio da somministrare sono correlate alle dimensioni dei terreni dedicati al pascolo a disposizione del gregge.

L’efficienza economica e biologica è influenzata dalla capacità degli allevatori di combinare: le tipologie di animali, il pascolo a disposizione e la disponibilità di foraggio a seconda della programmazione annuale e stagionale.

Dalla prospettiva degli obiettivi del pascolo vi sono 4 obiettivi che l’agricoltore si prefigge focalizzandosi sul corretto bilanciamento tra bisogni e risorse.

Obiettivo 1-  Il mantenimento del bilanciamento della biodiversità, considerando che qualsiasi pascolo modifica la competitività tra la flora presente sul terreno.

Un esempio è il mantenimento di un legume sul terreno durante la stagione fredda limitando l’altezza dell’erba favorendo l’accrescimento del primo. Un esempio classico di questa tipologia di metodo è la rotazione del sistema di pascolo. I legumi tendenzialmente possono essere portati a prevalere con uno squilibrio che può essere esponenziale rispetto all’erba presente. I sistemi tradizionali di pascolo prevedono 3-6 rotazioni che possono permettere alle altre piante di competere con canne, legumi, migliorando oltremodo la diversità presente nel pascolo successivo ove saranno posti gli animali, aumentando anche la quantità del foraggio prodotto per ettaro.

La pratica rotazionale è indubbiamente la più diffusa per permettere soprattutto la presenza di legumi naturali nei pascoli nelle fasi differenti durante l’anno.

Obiettivo 2- Incoraggiare la crescita rapida.

La principale considerazione è avere l’adeguata quantità sul terreno di area di foglie per permettere la fotosintesi e una riserva di carboidrati non strutturali.

Pascolare piante troppo basse limiterà il rateo di ricrescita poiché la area delle foglie sarà limitata. Un riposo non adeguato della pianta dopo il pascolo inoltra limiterà la riserva di carboidrati e potrebbe diminuirne la persistenza. Inoltre il brucare la parte superiore della pianta lasciando intatto il sottostante pare incoraggiare una crescita rapida e ritarda la maturità della pianta stessa, considerando che la crescita delle piante si riduce inoltre con l’invecchiamento delle stesse.  Dalla prospettiva animale inoltre brucare le piante quando non sono cresciute abbastanza riduce la quantità di materiale ingerito poiché con ogni boccone il foraggio non sarà equivalente al massimo possibile. Il valore comunemente accettato per stagioni fresche è un’altezza media di erba e legumi tra i 14 e i 25 cm prima della stabulazione del gregge poiché viene calcolato che quando l’altezza scende al di sotto dei 7 cm la dose assimilata nel consumo giornaliero può ridursi fino alla metà. Ovviamente la tipologia di erba e legumi considerati modificano sensibilmente i valori indicati, tuttavia la proporzione di riduzione della dose giornaliera è mantenuta. Quindi un primo consiglio che viene dato a tutti i neoallevatori è di evitare il pascolo in zone in cui l’altezza dell’erba sia troppo bassa, sia per favorire una giusta ricrescita sul terreno che un corretto apporto nutrizionale per gli animali.

Obiettivo 3- Ricercare il giusto compromesso tra foraggio raccolto e quantità necessaria.

Naturalmente il foraggio viene influenzato da fattori incontrollabili, includendo la distribuzione delle piogge durante l’anno, la tipologia di terreno e fattori gestionali quali la fertilità dei suoli e le specie presenti sul territorio.

Il fattore chiave per il raccolto è essere in grado di stimare il foraggio a disposizione durante l’anno e la qualità necessaria per fornire i giusti apporti nutrizionali agli animali. La principale determinazione della qualità è determinata attraverso il management del pascolo tentando di mantenere il foraggio in stato vegetativo. Ciascun produttore deve capire i requisiti nutrizionali dei vari gruppi di animali spostati tra pascoli spesso differenti e gestire in accordo integrando ove necessario. Certo è che le analisi sulla qualità in particolare del fieno possono avere un valore differente a seconda della disponibilità di pascolo degli animali. In particolare se gli animali sono liberi di muoversi e selezionare i migliori foraggi nei pascoli, riusciranno sovente ad integrare anche a fronte di un fieno di qualità non ottima.

Obiettivo 4- Minimizzare lo sfalcio erba.

In particolare può essere una buona soluzione utilizzare specie di animali differenti sui medesimi terreni evitando un costo che spesso per gli allevatori di bovini da latte è sensibile. Addirittura bisogna considerare che anche talune tipologie di piante infestanti posso avere buoni valori nutrizionali all’inizio del processo di crescita. Un buon sistema di pascolo mirato può inoltre ridurre il livello di foraggio sprecato che sovente viene tagliato quando già in fase avanzata di crescita.

Il sistema che ad oggi pare più efficace per raggiungere gli obiettivi sopra esposti sembra essere adottare qualche forma di pascolo controllato e rotazionale.

Da questo punto di vista il punto tre (3.) potrebbe essere scomposto in altri due sotto obiettivi.

Il primo è utilizzare maggiormente di quanto si tenda a fare l’utilizzo del foraggio sui pascoli. Alcune ricerche dimostrano che il pascolo controllato può aumentare l’utilizzo di foraggio dal 30% (rispetto al pascolo continuo) al 60-75% con 20-40 rotazioni dei recinti. Questo primariamente poiché gli animali sono utilizzati quali “sfalciatori naturali” e la rotazione più frequente determina che l’ammontare di urine, feci, calpestio e coricarsi sul terreno (tutti fattori che contribuiscono a ridurre l’utilizzazione del foraggio a disposizione) diminuiscano. Inoltre alte densità di animali in spazi ampi riducono l’eccessiva selezione del pascolo e il comportamento pascolatore a chiazze che tende a portare alcune aree a maturare mentre altre risultano sovrautilizzate.

Il secondo obiettivo del pascolo mirato, oltremodo quello con il più alto impatto potenziale, è mantenere un’ottima qualità dei foraggi a disposizione degli animali. Le specie di foraggi con il più alto livello qualitativo e la più alta richiesta dagli animali  tendono comunque ad avere una buona persistenza nei sistemi di foraggio aventi il pascolo controllato. Oltretutto, la crescita del foraggio può essere gestita con attenzione proprio grazie alle opportunità di visionare personalmente i pascoli se si spostano frequentemente gli animali. Lo sfalcio erba coordinato mantiene i livelli di infruttescenza nella regolarità. Secondo i livelli qualitativi più appropriati per gli animali, con lo stesso si riducono anche gli impatti delle tossine delle festuche più alte, considerando che i semi delle festuche altamente endofite contengono sostanzialmente alti livelli potenziali di tossine potenziali alle foglie delle stesse. Questo dovrebbe oltremodo ridurre la competizione con altri foraggi non tossici.

Foraggio quale risorsa per Allevamento di Capre Cashmere.

Il concetto, molto utilizzato in Nuova Zelanda, del “Food Profiling” ha permesso agli allevatori di selezionare, all’apertura delle nuove aziende o alla trasformazione delle stesse (spesso coincidenti con passaggi generazionali), quali fossero le specie meglio adattabili rispetto alle aspettative di produzione dei foraggi. Gli stessi studi hanno aiutato gli allevatori a definire quando fosse il caso di ruotare diverse specie sui terreni, quando gestire i calori e quando vendere od acquistare animali da aggiungere al gregge. La vera esperienza zootecnica si stabilisce con la capacità dell’allevatore di anticipare le richieste nutrizionali dei propri animali. La stessa gestione dei foraggi quale risorsa può essere affrontata sul breve periodo (soprattutto per limiti di spesa) o sul lungo periodo (profilando le necessità aziendali). Eventuali surplus di foraggio possono essere gestiti considerando la maniera più profittevole per superare la situazione (vendendo foraggio, oppure acquistando altri animali che ne possano fruire) così come la scarsità può essere superata nella maniera più economica (utilizzando integratori alimentari, fertilizzanti con nitrogeni, modificando le consuete tempistiche di svezzamento, vendendo gli animali extra-aliquota…). Una corretta gestione economica del budget per il foraggio può essere considerata solamente stimando la produzione media durante l’intero anno solare e le richieste di cibo a cui si andrà incontro, considerando inoltre che in alcuni casi gli stessi allevatori potrebbero a fronte di scarse diminuzioni di foraggio, decidere di accettare la  riduzione del prodotto degli animali (lana, fibra, carne…).

Obiettivi dei Produttori

Vi sono numerosi tipi di allevatori e di allevamenti da considerare quando si parla di gestione del pascolo. Immaginiamo la differenza tra un allevatore di bovini ed uno di ovicaprini sulla gestione di zone analoghe. Il caso scuola più affrontato è quello degli allevatori che per migliorare la gestione del gregge per produrre latte decidono di tagliare i costi, aumentando leggermente il foraggio somministrato di più bassa qualità. Differente completamente la gestione di allevatori che utilizzano pascolatori esclusivamente per gestire la biodiversità sui terreni in cui allevano selvaggina.

A prescindere dalla tipologia di allevamento, la sopravvivenza economica è oggi considerata indispensabile in qualsiasi attività zootecnica per cui il giusto bilanciamento che riduce anche il costo dei fattori input è spesso la via più appropriata anche per gli animali stessi.

Il caso di allevamenti bovini per la fase iniziale di accrescimento è sovente tra i più complicati in tal senso perché innanzitutto la produzione stagionale di alcuni pascoli si concilia male con le necessità continue dell’allevamento ed inoltre la presenza di più razze nello stesso allevamento male si concilia con una scelta uniforme. In questo caso gli allevatori si concentrano nel definire le necessità maggiori, solitamente rappresentate dalle femmine in fase di allattamento, per garantire che le nascite avvengano subito prima del picco qualitativo del foraggio a disposizione. A volte anche solo una o due settimane di cambiamento permettono di aumentare sensibilmente l’efficienza degli allevamenti. L’accrescimento del vitello infatti dipende largamente dalla durata dell’allattamento e dalla disponibilità di foraggio per la madre. La persistenza del periodo di allattamento, a parte le ben note dipendenze genetiche dell’animale, dipende dalla quantità e dalla qualità del foraggio a disposizione. Oltremodo le vacche da latte aventi un’alta produzione di latte tendono a rispondere meglio all’incremento qualitativo del foragggio, rappresentando una più elevata necessità nutrizionale rispetto alle altre. Lo stesso incremento di peso di un vitello nato in primavera può differire sensibilmente rispetto ad un animale analogo nato in autunno. Dal punto di vista dell’allevatore, come già detto, l’aspetto economico resta centrale quindi spesso la stessa perdita di peso potrebbe non essere deleteria se circonstanziata in un dato periodo dell’anno. Spesso quindi se si hanno ad esempio batteria per la produzione di latte differenziate allora può essere un metodo apprezzabile la scelta di fare pascolare nello stesso luogo durante la giornate prima le vacche in periodo di lattazione poi la batteria “in secca”. In altri casi si può considerare di lasciare nello spazio in cui pascolerebbero due o tre manze una sola vacca da latte con il cucciolo. Ovviamente le metodologie non si riducono in queste poche considerazioni, ad esempio molti allevatori di bovini da carne tendono a lasciarli pascolare nei terreni di festuche fino a giugno inoltrato prima di inviarle ai recinti da ingrasso. Saranno poi le vacche del gregge successivo ad occupare quei terreni che si riposano fino ad inizio autunno, permettendo così una duplice rotazione ogni anno, anche se spesso questo metodo non risulta economicamente il più conveninente. Ovviamente le stesse oscillazioni di carni e latte influenzano queste scelte e il ROI sarà differente a seconda di un approccio quantitativo (massimo guadagno per ettaro) o qualitativo del foraggio.  Spesso ad esempio in Nuova Zelanda i bovini vengono fatti ruotare due volte al giorno sui pascoli limitando così le integrazioni di materiale secco. Una consistente produzione di foraggio di alta qualità attraverso le diverse stagioni deve essere gestita impiantando coltivazioni differenti.

Anche i pastori aventi pecore valutano l’utilizzo maggiore di pascolo rispetto al fieno somministrato e alle granaglie. Cambiare la stagione degli  agnelli spesso è in applicabile ma postporre di un paio di settimane le nascite (portandole a fine aprile) può aprire strade nuove per le possibilità di guadagno, ad esempio riducendo il costo di foraggio da somministrate in stato di gravidanza. La differenza tra ovicaprini e bovini è spesso sufficiente per permettere la coesistenza delle due tipologie di animali nella stessa azienda ottimizzando l’utilizzo dei pascoli.

Per quanto riguarda le capre la loro tendenza a brucare e non pascolare e la selezione verso bassi quantitativi di cellulosa rispetto ai bovini sta accrescendo l’utilizzo del pascolo in aziende che stanno affiancando alle consuete attività la produzione di caprini da carne. La piccola bocca delle capre e le labbra presnili permettono ai caprini rispetto ai bovini di selezionare maggiormente cibandosi delle piante partendo dalla parte più alta e scendendo poi progressivamente, in questo modo essendo più sensibili all’altezza delle piante sui pascoli e alla massa distribuita sul terreno. I dati statunitensi condotti dai laboratori parlano di una riduzione per le capre cashmere dell’ingerito al di sotto di 1200 pound di materiale secco per acro.

Conclusioni.

La tipologia degli animali allevati (con diverse dimensioni e potenzialità di produzione di latte) viene definita principalmente rispetto alle specie che hanno diversi requisiti nutrizionali. Quindi a fronte di una produzione fissa di foraggio le diverse specie allevate possono avere un impatto diverso sul business aziendale.

Il sistema di pascolo influenza lo stato nutrizionale dell’animale modificando la quantità e la qualità del cibo ingerito. Se il pascolo avviene su terreni aventi erbe troppo basse numerosi studi hanno dimostrato che il numero di bocconi che l’animale compie non cambiano sensibilmente, a fronte invece di una diminuzione della quantità ingerita per ciascun boccone. Le aree di illuminazione del seminativo o del pascolo inoltre influenzano la ricrescita che è influenzata fortemente dalla fotosintesi possibile.

Le scelte zootecniche quali la programmazione dei parti considerando la curva di allattamento rispetto al foraggio disponibile nello stesso periodo sono fondamentali nel management del pascolo. La scelta del foraggio risulta inoltre determinata dalle differenti necessità nutrizionali degli animali in crescita, considerando che quindi per un allevatore che ha animali nelle differenti fasi di vita la gestione è più complessa. Tuttavia l’utilizzo di animali differenti negli stessi pascoli spesso portano ad un’ottimizzazione dal punto di vista dei terreni pascolati per le diverse attitudini degli animali che vi vengono posti.